domenica 24 maggio 2009

Padroni di che?

Pubblichiamo di seguito un pensiero di Silvia Fumagalli di Olgiate Molgora, scritto oggi. E riflettiamo...
"Valfredda, domenica mattina. Tre coppie di gruccioni svolazzano sopra un pascolo a caccia di insetti, posandosi, tra una incursione e l’altra, all’estremità di un ramo di ciliegio, a due a due. Bellissimi uccelli africani dal piumaggio vivacemente colorato, in rotta migratoria verso il nord, alla ricerca di un luogo dove nidificare. Hanno percorso migliaia di chilometri e non sembrano nemmeno stanchi. Paiono così a loro agio, su quel ciliegio isolato, mentre fanno rifornimento. Li osservo appoggiata sulla staccionata del sentiero, e penso che non hanno avuto bisogno di nessun petrolio per il lungo viaggio, loro. E penso anche: ma cosa c’entra lo slogan “padroni a casa nostra” in questa storia? Padroni di che, scusate? Casa nostra di chi? Padrone. Una parola dal suono arrogante, attenti che se le si cambia una vocale diventa “predone”. Casa nostra. Anche qui, attenti che se cambi una vocale diventa “cosa nostra”. E se il tizio che cerca petrolio nel Parco del Curone fosse un ricco brianzolo invece di un australiano, allora non ci sarebbe nessun problema? Se quel ricco brianzolo comprasse tutto il Parco a suon di miliardi, sarebbe padrone a casa sua, e allora? Casa nostra. Che pretese. La natura deve essere per forza di qualcuno? Quel ciliegio di chi è? Possiamo guardarlo? E quel castagno alto trenta metri? E il fresco del bosco, di chi è? Il vento solleva le foglie e diffonde profumo di robinia: chi devo ringraziare, per quel suono lieve, e quel profumo dolce? E quei sei gruccioni che sono passati da qui, hanno pagato il pedaggio? Noi non siamo padroni di niente. La natura non deve avere padroni, non può essere comprata, non ha prezzo. Dobbiamo lasciarla ai nostri figli, come i nostri padri l’hanno lasciata a noi. Piantiamola con la teocrazia del dio denaro. Di là non porteremo nulla, qui lasceremo ciò che abbiamo fatto. I gruccioni fanno fuoriuscire il veleno delle prede velenose prima di ingoiarle, noi liberiamoci dalla velenosa sete di denaro. Ricordiamo il monito dei pellerossa: “Quando avrete inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo pesce, ucciso l’ultimo bisonte, solo allora vi accorgerete che non potete mangiare tutto il denaro accumulato nelle vostre banche”.
(Nella foto della GEV Graziano Crippa: gruccione in Valfredda di Montevecchia, vicino a Bagaggera)

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